Chi è l’articolista? Ma soprattutto: che lavoro fa?
E’ necessario addentrarsi nel sottobosco del web per scoprire l’esistenza di questa figura a metà tra il giornalista e l’ operaio alla catena di montaggio. Sul web nasce, col web si nutre e di web muore.
L’ “articolista” è un tuttologo di età indefinita e sesso neutro. Due le sue caratteristiche: squattrinato e dedito al sacrificio. Non ha sindacato né ordine di appartenenza e nella scala gerarchica della professione occupa il posto dopo l’ultimo perché l’ultimo è già troppo affollato dai “collaboratori”.
Di fatto l’articolista è questo: uno che produce il maggior numero di pezzi possibile per il maggior numero di committenti, nel minor tempo e soprattutto al minor costo.
Si aggira per il web come un moribondo demolendo la sua autostima e trascinandosi dietro una valigia sempre più leggera di sogni, ambizioni e speranze. All’articolista non si chiedono referenze o competenze specifiche ma SOLO creatività, curiosità, impegno e puntualità nella consegna dei pezzi e soprattutto “poche pretese”, economiche ovviamente.
In teoria “articolista” potrebbe essere chiunque sa mettere in fila due parole d’italiano ed è pratico, ma neanche troppo, di navigazione sul web.
La realtà, però, è ben diversa: l’articolista è la nuova declinazione del freelance. “Articolisti” sono tutti quei giornalisti, pubblicisti, professionisti o aspiranti, non fa differenza, che non riuscendo a penetrare la cortina di ferro della stampa italiana, ripiegano sul web collezionando collaborazioni da pochi centesimi a pezzo. Una realtà che non fa scandalo, non suscita indignazione, non merita la ribalta delle cronache. L’articolista, a differenza del collaboratore, non è degno neanche della “solidarietà” dei colleghi “togati”. E’ ignorato, punto. Un’indifferenza che ha permesso a questo sottobosco di crescere, moltiplicarsi, infittirsi assumendo le forme più disparate. Eppure è una realtà neanche troppo nascosta, basta fare un giro su internet e digitare “cercasi blogger”, “cercasi articolista” o le sue varie declinazioni per veder spuntare fieri, prepotenti e senza remore annunci di lavoro che palesano senza ombra di dubbio questa verità. Blog, siti internet, associazioni, testate, tutti lì pronti ad offrire collaborazioni da 50 centesimi a 2 euro lordi a pezzo e per cotanta gentile offerta chiedono solo che gli articoli siano originali, ben scritti, interessanti ecc. ecc. Ma il dramma non finisce qui. L’articolista, infatti, ha imparato ad essere vittima e carnefice di se stesso. Oltre agli annunci diretti esistono tutta una serie di forum e siti dove avviene una sorta di compravendita “intellettuale”. Il committente mette all’asta la realizzazione di un pacchetto da 20, 50, 100 e più pezzi da realizzare in tot tempo e gli articolisti partono con le loro offerte al ribasso fin quando ottiene il lavoro chi costa meno e produce di più, con buona pace di approfondimento, verifica e qualità dei pezzi realizzati.
Nessuno controlla, in pochi alzano la voce con il risultato di delegittimare il diritto costituzionale ad una retribuzione proporzionata alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, di far passare il messaggio che la preparazione e l’esperienza sono indice di pericolo per futuri reclami e le aspettative professionali fastidiose zavorre.