giovedì 23 settembre 2010

Quelli che fanno lavorare gratis i ragazzi

dal blog Italians di Beppe Severgnini

L'avrete saputo: a Milano ci sono 20mila avvocati, la metà di tutta la Francia. In Italia sono 230mila, e aumentano ogni anno di 15mila. Magari avete visto anche la lettera al "Corriere" di una giovane avvocata (anonima e pentita): a 27 anni prende 500 euro al mese, e ammette di essere fortunata. Almeno la pagano, e non la piazzano a fare fotocopie & caffè, come tanti colleghi coetanei. I numeri magari hanno colpito qualcuno, ma la storia - sono certo - non ha sorpreso nessuno. La laurea in legge - in assenza di grandi vocazioni, grande talento, grande impegno o grande papà - è l'autostrada verso la sottoccupazione intellettuale, con un tocco di schiavitù postmoderna. E qui arriva la prima domanda. Con che coraggio un affermato avvocato da 200mila+ euro l'anno, entrando in studio al mattino, guarda in faccia un ventenne cui offre un'elemosima da 200 euro al mese (magari neanche quella)? Non rivede se stesso, trent'anni prima? Non pensa che uno stipendio, per quanto piccolo, sarebbe giusto? Soldi ben spesi: ne guadagna l'autostima di chi li riceve e la coscienza di chi li offre. Esiste uno speciale girone del purgatorio per quelli che fanno lavorare gratis i ragazzi: prevedo sarà affollato. Con la laurea in legge si possono fare molte cose. Lo dimostrano Mara Carfagna, Checco Zalone, Pippo Baudo, Alessandro Preziosi, la squisita Gepi Cucciari, Guglielmo Stendardo (difensore della Lazio), Carlo Giovanardi (difensore della fede), Renzo Arbore, Mariastella Gelmini, Raimondo Vianello, Silvio Berlusconi e il sottoscritto. Questa duttilità, e l'assenza di numero chiuso, spinge molti ragazzi incerti sul proprio futuro a iscriversi a giurisprudenza. Dopo la laurea, se non si lasciano tentare dalla magistratura (una vocazione) o dal concorso per notaio (un terno al lotto), pensano all'avvocatura. Un consiglio: non fatelo. Al di là dello sfruttamento di cui sopra, c'è una questione di mercato. In Italia non c'è lavoro per 230mila avvocati: a meno che ci denunciamo tutti a vicenda, una volta la settimana, ma non sembra il caso. Nei tribunali italiani sono pendenti 5,5 milioni di processi civili e oltre 3 milioni di processi penali; l'attesa per una sentenza civile è in media di sei anni e dieci mesi; le procedure sono bizantine, il meccanismo delle notifiche semplicemente folle. A quel punto cosa accade? Il neo-avvocato, dopo cinque anni di studi, ventimila euro di spese e due anni di praticantato gratuito, ha di fronte due strade: fare la fame o attaccarsi a tutto. Suggerire azioni legali a chiunque, per esempio; quando tutti sappiamo che i tribunali sono da evitare (si guadagnano soldi, tempo, serenità e non si fa perder tempo ai magistrati). Per quest'avvocatura, sospesa tra affanno e sopravvivenza, gli americani hanno un nome: "ambulance chasers", quelli che corrono dietro alle ambulanze, fiutando azioni di risarcimento. Non fatelo, ragazzi. Se volete correre, scegliete l'aria aperta.
Beppe Severgnini

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